Russia, coppia gay sposata per errore: costretta a lasciare il Paese

Una giovane coppia gay della Russia è riuscita ad ottenere la registrazione del proprio matrimonio. Proprio così: per un mero errore burocratico, in Russia è stato registrato a livello di legge il primo matrimonio gay. Come c’era da aspettarsi, però, l’evento si è trasformato subito in un incubo più che in un qualcosa di realmente entusiasmante. Protagonisti di questa strana storia sono Eugene Wojciechowski e Pavel Stotsko, due giovani ragazzi che lo scorso 4 gennaio sono volati alla volta della Danimarca per istituzionalizzare il loro amore e promettersi amore eterno.

Il bello (o il brutto) è accaduto però al loro ritorno, perché quando i due sono rientrati nella loro terra natia si son visti apporre il bollo matrimoniale su entrambi i passaporti da parte dell’impiegato comunale di turno. In questo modo il Comune ha di fatto riconosciuto istituzionalmente la loro unione.

Ma nonostante in Russia l’omosessualità non sia più perseguibile, va ricordato che i matrimoni gay sono assolutamente illegali e che l’omosessualità stessa non viene vista di buon occhio: il Paese, che esce pur sempre da una legge che vieta la propaganda omosessuale, vede l’83% delle persone nettamente contrarie ai gay e alle loro rivendicazioni. Ed è proprio sul solco di una tradizione così oscurantista che Eugene e Pavel hanno dovuto dire addio a quel sogno d’amore nell’arco di pochi giorni.

La giovane coppia di sposi, infatti, si è ritrovata ad affrontare la reazione del Ministero degli Interni, che dopo aver annunciato il licenziamento in tronco dell’impiegato comunale reo di aver apposto il bollo, ha anche comunicato il ritiro dei passaporti a tutti e due i ragazzi. Ma se si può capire il provvedimento preso per l’impiegato, perché mai anche la coppia ci ha rimesso del suo nonostante il matrimonio non fosse stato celebrato in Russia? Il governo russo si è scagliato anche contro di loro perché ritiene che Wojciechowski e Stotsko abbiano aggirato furbescameente la legge vigente in Russia sui matrimoni.

L’articolo 14 del Codice di Famiglia, infatti, consente il riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero nel caso in cui non vi siano cause squalificanti che impediscano la ratifica del contratto. Ma la stessa legge ha un buco, perché tra le nozze non riconoscibili in Russia si citano quelle tra parenti stretti, tra genitori adottivi e figli adottivi, tra persone incapaci di intendere e di volere e tra coniugi già sposati. Da nessuna parte dunque si menziona l’omosessualità come causa ostativa al riconoscimento delle unioni contratte fuori dal Paese. E di questo vuoto i due giovani ne hanno approfittato.

Come c’era da aspettarsi, non è stato solo il Cremlino ad avere un atteggiamento duro nei confronti di Eugene e Pavel, perché anche la società ha usato questa storia per scagliarsi contro di loro e contro “ciò che rappresentano”. Wojciechowski e Stotsko sono stati oggetto di minacce di morte e, come hanno spiegato i network LGBT, sono stati costretti a lasciare il Paese per mettere in sicurezza la loro incolumità.

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